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La prostituzione dovrebbe essere legale?
 
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domenica 29 maggio 2016

Prostituzione: perché dovrebbe essere legale.

Il mestiere più vecchio del mondo è ormai un pericolo, non tanto per chi ne usufruisce, bensì di chi li offre. È questa la principale motivazione che ha portato Amnesty International a discutere sulla decriminalizzazione dell'atto, lo scopo principale è quello di aumentare i controlli e proteggere i diritti delle donne che, col passare del tempo, sono sempre più in pericolo e sempre più emarginate dalla società come se nessuno si occupasse di loro.
In Europa coesistono diverse idee sulla prostituzione, infatti in molti paesi nordici questa è vietata dall'atto del "consumatore" ma legale da quello del "venditore", in Italia invece la prostituzione è legale ma è vietato il favoreggiamento e lo sfruttamento, mentre in paesi come la Germania la prostituzione è legale e addirittura è possibile usare una app per trovare la lavoratrice più vicina.


Quella che potrebbe sembrare un'idea scandalosa e contro l'etica e la morale cittadina attuale potrebbe, invece, aiutare le prostitute che, essendo tracciate, sono soggette a molti meno pericoli. Questo l'unico obbiettivo di Amnesty che dichiara di voler preservare gli inviolabili diritti umani e non favorire la prostituzione.
L'accusa si basa principalmente su quanto la donna venga strumentalizzata e quanto l'atto sia una violazione dei diritti umani, la controparte ribatte che la maggior parte delle volte le donne sono consenzienti all'atto e quelle che non lo sono sarebbero le prime che l'ogn ha intenzione di soccorrere; infatti rendendo legale la prostituzione le donne possono denunciare l'abuso e lo sfruttamento.

"La prostituzione va contro la morale pubblica" questa una delle accuse per le quali la prostituzione non dovrebbe essere legalizzata, ciò non è vero, almeno dal punto di vista concettuale, nemmeno per filosofi sia dell'epoca moderna che antica.
Sia Bentham che i sofisti che Locke:

  • Partendo dall'ultimo, il filosofo Britannico sostiene che l'uomo goda di quattro diritti fondamentali: alla vita, alla libertà, alla sicurezza e alla proprietà di questi, specialmente i primi tre, seguono l'idea di Amnesty.
  • I sofisti sostengono che l'utilità nella vita è raggiungere il piacere o la massima felicità, questo concetto favorisce soprattutto tutte quelle donne che non sono costrette a prostituirsi per questioni economiche ma che si dedicano all'atto solo per proprio volere.
  • Secondo Bentham invece se ciò che provoca felicità non implica altrettanto dolore, allora quella cosa è giusta. Ragionamento che, come il precedente, giustifica la scelta di tutte le donne che si prostituiscono per puro voler proprio.
Questi sono i principali motivi per cui la prostituzione dovrebbe essere legalizzata dato che, non solo la prostituzione porta benefici allo stato che la legalizza (essendo lavoratrici le donne vengono tassate ed essendo il giro di prostitute molto esteso in molti stati, nonostante sia vietato, sarebbero entrate in più per i governi) ma anche alle stesse donne che grazie alle autorità non sarebbero più costrette a lavorare in clandestino e nell'"undergroud".
Detto ciò la scelta rimane a tutti i cittadini dato che, sia perché siamo in una democrazia, sia perchè sono i primi che usufruiscono dei servizi, hanno diritto alla scelta.

domenica 22 maggio 2016


Utero in affitto: Giusto oppure no?

Negli ultimi mesi il cosiddetto "utero in affitto" (in realtà il nome tecnico è maternità surrogata) è entrato quasi di prepotenza nel dibattito pubblico. È forse il più controverso dei metodi di fecondazione assistita e se ne parla molto per via di un presunto legame con la legge sulle unioni civili. Secondo Adriano Pessina, professore ordinario di Filosofia Morale e docente di Bioetica presso l'Università Cattolica di Milano  ciò è inaccettabile visto che in realtà queste prassi sono il frutto avvelenato del pensiero e della cultura di matrice liberale che fa del mercato, del consumo e dell’autonomia dell'individuo la chiave di volta delle relazioni sociali. Di conseguenza, secondo il professore, è come tornare ai tempi della schiavitù. Se infatti prendiamo le tesi analizzate nell’articolo “Maternità surrogata: perché è giusta” possiamo notare che alcune tesi dicono:

  • L'uomo ha diritto di proprietà su ciò che ha prodotto con il proprio lavoro nella misura equa
  • Se un uomo possiede più di quello che gli spetta, la differenza appartiene ad altri
  • La nascita del bambino è "prodotto" del lavoro e delle fatiche della madre
  • Secondo tale logica, se il figlio è "in più" rispetto a quello che spetta alla madre, essa è libera di non portarsi appresso un tale peso pur garantendo al figlio il diritto alla vita
  • Indipendentemente da chi sia il padre, visto che incide nella nascita del figlio solo nel momento della procreazione, e dal fatto che la madre sia pagata o meno, essa può "liberarsi" del figlio proprio perché è "in eccesso" nella sua vita.

Ebbene questo è in parte vero, ma non possiamo utilizzare questo concetto di oggetto in più, che corrisponde al bambino, perché abbassiamo un essere senziente al “rango” di “merce da scambio” per ottenere la felicità sia della donna attraverso i soldi che per i genitori che possono avere un bambino, ma se possiamo ridurre a questo stato di merce un essere senziente; allora sarebbe facile giustificare la tratta di essere umani secondo lo stesso ragionamento. A ciò va aggiunto il fatto che durante la gravidanza la donna possa accusare problemi legata a quest’ultima e quindi in seguito al parto riportare vari e ulteriori problemi tra cui la depressione e in questo caso molto difficilmente il denaro riuscirebbe a risanare la felicità della donna.

Dunque se analizziamo lo scritto di Bentham notiamo che l’utile corrisponde alla felicità massima e quindi mentre nel caso prima analizzato si ha la felicità dei genitori “acquirenti” e della madre, anche se ciò non è una fatto certo come abbiamo già analizzato, ma se i futuri genitori desiderano un figlio possono benissimo adottarlo. Così che sia loro che il ragazzo/a possano aver raggiunto la felicità questo perché i primi possono finalmente crescere un figlio, quest’ultimo perché passa da uno stato di orfano o abbandonato a uno stato di adottato e ha una famiglia dove poter crescere. Questo concetto viene ribadito anche in campo economico dal gruppo Pandora's Box visto che la madre riceverebbe una somma di denaro dai genitori acquirenti cambiando così la situazione economica della famiglia della donna andando così a creare una diseguaglianza economica tra le madri e quegli orfani che non possiedono niente. Secondo Ralws le differenze economiche sono giuste solo e soltanto quando queste apportino beneficio ad ogni individuo, ma, come appena spiegato, ciò non è vero.

In base a quanto considerato è evidente che la maternità surrogata non può trovare riscontro nella nostra società in quanto possa portare a infelicità e diseguaglianze economiche, ma se, in una società utopistica, non esistesse alcuni tipo di orfano e simili, allora l’utero in affitto sarebbe lecito in quanto causa la massima felicità possibile, ma ciò rimane un’utopia.

martedì 10 maggio 2016

Maternità surrogata: perché è ingiusta

La questione della maternità surrogata continua a dividere le opinioni di tutti gli individui e si sono venute a create due correnti di pensiero.
C'è chi pensa sia ingiusta e tra questi Adriano Pessina, professore diFilosofia Morale e Bioetica presso l'Università Cattolica di Milano, il quale afferma che “è ancora necessario seguire il consiglio di Henri Bergson: risvegliare il filosofo che sonnecchia in ognuno di noi e assumerci in prima persona la responsabilità di contrastare tutte le silenziose barbarie tecnologiche che riducono l'uomo a un nuovo prodotto di consumo affettivo”.
Altri, invece, ritengono che sia giusta e affermano che sia una scelta della donna che si rende disponibile per una maternità fare ciò che vuole con il proprio corpo.

Se si fa riferimento a quello che grandi filosofi del passato hanno affermato, si può capire come mai la questione dell'utero in affitto possa essere considerata ingiusta.
Secondo Locke l'uomo gode, secondo lo stato di natura, di quattro diritti naturali: diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza e alla proprietà.
Credo che con la maternità surrogata da una parte la madre, dall'altra il bambino, perdano il loro diritto alla sicurezza; la gravidanza della donna è tecnologica e la maternità surrogata “considera il bambino come un prodotto, oggetto di compravendita, come un ipad o una macchina. Quella surrogata, non è una gravidanza naturale; ci sono rischi e complicazioni per la madre e per il bambino. Nella natura infatti, il contatto madre-figlio viene mantenuto per più tempo possibile. Quando il bambino nasce conosce una sola cosa: sua madre. Riconosce la sua voce, il suo odore, il ritmo del suo corpo. Nella maternità surrogata invece il bambino viene subito strappato alla madre: fare questo, sostenendo che tra madre e figlio non ci sia alcun legame, è molto pericoloso per la salute di entrambi.
La donna mette in discussione il suo diritto alla sicurezza nel momento in cui accetta di concedere il suo utero in affitto: è un rischio dal punto di vista fisico, sia durante la gravidanza sia al momento del parto, e un rischio dal punto di vista emotivo-psicologico nel momento in cui le viene tolto il bambino (depressione post partum).
Il bambino perde il suo diritto alla sicurezza dal punto di vista emotivo-psicologico, perché subirà comunque un trauma nel caso di separazione dalla madre biologica e verrà poi il momento in cui dovrà affrontare la verità, e dal punto di vista fisico, nel caso di danni o di alterazioni impreviste e non diagnosticate (quale sarà il destino di questo neonato?).
A mio parere viene anche a mancare il diritto alla vita, infatti il bambino è considerato come un oggetto, un prodotto che viene comprato ed è una merce di scambio. Ma se questo bambino non dovesse nascere completamente sano, cosa gli succederebbe? I suoi genitori sono costretti a tenerlo oppure possono decidere di lasciarlo alla madre naturale? E se questa non lo volesse, cosa ne sarebbe del bambino? È già successo e il bambino è stato abbandonato.
Ma così viene meno il diritto alla libertà: un bambino che prima avrebbe potuto avere dei genitori e crescere liberamente ora si trova in un orfanotrofio, in attesa che qualcuno lo voglia adottare. Ed è perso il diritto alla libertà anche della madre surrogata: molto spesso la madre è indigente e viene sfruttata da persone benestanti, perché la maternità surrogata è molto costosa e non tutti possono permettersela, per soddisfare il loro “bisogno”, e questo credo che possa significare anche una perdita di dignità per la donna, che è costretta a vendere il suo corpo per guadagnare, perdendo anche, di conseguenza, il diritto alla vita, poiché la donna è trattata al pari di una macchina per produrre bambini.
Successivamente la madre surrogata perde anche il diritto alla proprietà per due motivi: il primo sulla base di cioè che afferma Aristotele, il secondo in base a ciò che afferma Bentham.”
Secondo Aristotele infatti ingiusto è ciò che è vantaggioso per sé e corrisponde all'iniquità, e a mio parere è vantaggioso solo per chi commissiona il bambino, perché è un suo desiderio, mentre la donna, che invece corre moltissimi rischi nell'affittare il suo utero, perde la proprietà sul proprio corpo, sottoposto a numerosi rischi e che non sempre supera il parto.
Bentham invece afferma che giusto è ciò che punta alla massima felicità e la massima felicità per una donna è sì avere un figlio, ma poterlo anche crescere e dire che è il proprio. Questo tramite l'utero in affitto non è possibile, poiché la felicità non sarebbe mai completa e la madre surrogata non potrebbe mai affermare che il figlio sia suo. Inoltre è anche ingiusto dal punto di vista del bambino: non è certo felice di essere strappato alla madre che lo ha tenuto in grembo per nove mesi per il desiderio di qualcuno che, evidentemente, crede che avere figli sia un diritto.
Riguardo alla maternità surrogata la docente e scrittrice Sonia Caporossi afferma che “Studiare dal punto di vista filosofico la vexata quaestio dell'utero in affitto pone inevitabilmente di fronte a un'angusta scoperta molto simile a quella dell'acqua calda, ovvero che la questione è mal posta, in quanto si fonda su un presunto diritto ad avere figli di origine naturale che non esiste da nessuna parte. E non esiste, beninteso, in termini di storia della filosofia politica e del diritto, né nel giusnaturalismo classico, né all'interno della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, dove lo si cercherebbe invano, essendovi presente invece la menzione della tutela della "famiglia naturale" (sic) e dell'infanzia in tutte le sue prerogative sì, ma presupposta anapoditticamente come già data, senza far menzione di qualsivoglia diritto dei genitori ad aver prole”, ma diventa un dovere essere genitori successivamente alla nascita, e ciò non sempre accade.

Dunque, facendo riferimento a quello che è stato detto, possiamo ritenere che la maternità surrogata è ingiusta poiché sopprime i diritti naturali di cui ogni individuo, secondo Locke, deve godere. In primo luogo quello alla vita, poiché la madre surrogata e il bambino sarebbero considerati rispettivamente una macchina e un prodotto quasi di commercio. Direttamente conseguente è la perdita del diritto alla libertà, che fa sì che la donna perda la sua dignità in quanto viene sfruttata, e quella del diritto alla proprietà: il corpo della donna non è più suo e il bambino che è cresciuto dentro di lei nemmeno. Viene a mancare il diritto alla sicurezza, poiché questa maternità tecnologica porta a molti rischi e complicazioni per entrambi i soggetti principali. La maternità surrogata è stato detto vada anche contro le idee di giusto di Aristotele e Bentham, poiché è vantaggiosa solo per chi commissiona e non è sottoposto a rischi e non porta alla massima felicità della donna e del bambino.

In conclusione, la maternità surrogata sarebbe ingiusta poiché non rispetta i diritti fondamentali dell'individuo, ma sfrutta quest'ultimo per soddisfare un proprio desiderio, da molti concepito come diritto.


Tuttavia chi è contrario, propone delle tesi dal suo punto di vista giuste, ma che non possono essere supportate. In primo luogo viene detto che la felicità viene raggiunta dalla donna quando questa ottiene il proprio guadagno, e potrebbe essere anche giusto se Rawls non dicesse che la giustizia è equità e che quindi la felicità della donna non sarà mai massima, poiché il compenso è qualcosa di cui la donna ha necessità per vari motivi ma che è pur sempre qualcosa di provvisorio, e di conseguenza non sarà mai massimo, mentre i genitori troveranno una felicità massima dall'avere un figlio.
Ed è ingiusto dire che la madre surrogata garantisce al figlio il diritto alla vita liberandosene perché lo considera in eccesso: il figlio perde questo diritto già quando vine “commissionato” poiché diverrebbe prodotto di un lavoro e oggetto di vendita.

Non è giusto nemmeno dire che la madre surrogata corre gli stessi rischi di una normale gravidanza: il fatto che sia tecnologica implica già rischi maggiori, come non lo è affermare che per il figlio il “trauma” della scoperta della sua natura sia uguale a quello del bambino che viene adottato. Nel secondo caso i genitori molto probabilmente sono morti oppure sono stati costretti ad abbandonarlo perché non potevano garantirgli quelli che sono, secondo Locke i diritti fondamentali di un individuo. Nel primo caso invece il figlio è stato voluto dai genitori come se fosse un loro diritto averne uno proprio, commissionato come un bene e dunque prodotto, poi venduto dalla madre dietro compenso, proprio come un oggetto.

Maternità surrogata: perché è giusta

    La questione spinosa delle madri surrogate continua a dividere l'opinione pubblica. Adriano Pessina, professore ordinario di Filosofia Morale e docente di Bioetica presso l'Università Cattolica di Milano, sostiene al riguardo che l'affitto dell'utero serve a "legittimare a posteriori le tecnologie riproduttive messe in campo per consentire a due persone dello stesso sesso di ottenere un figlio" e che perciò è "moralmente e giuridicamente inaccettabile", paragonandolo al fatto che si possa continuare a inquinare l'ambiente e recare danno alla comunità pagando una multa.
   Chi è di opinione contraria, invece, ritiene che la madre debba avere la libertà di decidere autonomamente cosa fare del proprio corpo e della propria maternità. D'altronde, in Italia la maternità surrogata è considerata reato dalla Legge 40, ma niente vieta a una coppia di recarsi all'estero per usufruire di tale servizio, laddove sia legale, e lo scontro è più etico e morale che giuridico.
    E' giusto o ingiusto? La questione non è semplice, ma non ci sono motivi per cui debba essere considerata  ingiusta e grandi menti della filosofia del passato possono aiutarci a dirne i motivi.
    Bentham, ad esempio, sostiene che tutte le azioni dell'uomo siano conformi al principio di utilità se mirano ad aumentare la felicità dell'individuo e in tal caso sono anche giuste, visto che avvicinano all'obiettivo principale dell'uomo: raggiungere il massimo piacere.
Adattando la sua tesi al caso, possiamo sviluppare questo ragionamento, presumendo che la felicità di una donna sia aumentata dal fatto di ottenere profitto prestando il proprio grembo a una coppia che altrimenti non potrebbe avere figli.
  • L'affitto dell'utero dietro compenso aumenta la felicità della donna
  • La maternità surrogata è a lei utile perché avvicina la donna all'obiettivo di raggiungere il massimo piacere
  • Visto che aumenta la sua felicità, è conforme al principio di utilità
  • Se è vero che la maternità surrogata è utile alla donna, proprio perché conforme al principio di utilità è anche giusta
  • E' giusto che la madre agisca in questo modo e percorra questa strada
Così, la maternità surrogata diventa un'azione giusta e a libero arbitrio della madre e di lei soltanto, visto che è lei stessa a renderla giusta nel momento in cui decide che è la cosa a lei più utile per raggiungere la felicità.
     Locke invece fa riferimento a 4 diritti naturali dell'uomo che devono essere rispettati e garantiti dallo Stato: il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà e alla sicurezza. Tutto ciò che assicura questi diritti è da Locke definito come "giusto".
Vediamo come la sua dottrina si possa adattare alla questione.
  • L'uomo ha diritto di proprietà su ciò che ha prodotto con il proprio lavoro nella misura equa
  • Se un uomo possiede più di quello che gli spetta, la differenza appartiene ad altri
  • La nascita del bambino è "prodotto" del lavoro e delle fatiche della madre
  • Secondo tale logica, se il figlio è "in più" rispetto a quello che spetta alla madre, essa è libera di non portarsi appresso un tale peso pur garantendo al figlio il diritto alla vita
  • Indipendentemente da chi sia il padre, visto che incide nella nascita del figlio solo nel momento della procreazione, e dal fatto che la madre sia pagata o meno, essa può "liberarsi" del figlio proprio perché è "in eccesso" nella sua vita
    Dal lato giuridico, Locke sostiene che si possa diventare proprietari di qualcosa acquistato con la moneta.
  • La donna "produce" un bambino che però è in eccesso e perciò, secondo la logica di Locke, non le spetta
  • Il bambino, pur essendo un individuo con dei diritti, è di fatto "prodotto" dalla madre
  • La coppia che affitta l'utero della donna acquista quindi il bene che essa produce, ovvero il bambino
  • La coppia diventa di fatto proprietaria del bambino
    Applicando questo ragionamento va però tenuto conto che il bambino è un essere umano e non un bene materiale e come tale ha dei diritti che devono essere tutelati. Non è tanto importante la composizione del nucleo familiare (se cioè la famiglia sia composta da genitori dello stesso sesso o da un singolo genitore, se da genitori biologici o meno) purché il bambino viva in una situazione di tranquillità familiare, sia amato, riceva tutte le attenzioni di cui ha bisogno, sia tutelato, rispettato e protetto.
    Alla luce di queste considerazioni e nel caso in cui il bambino sia affidato a persone in grado di prendersene cura coscienziosamente, la maternità surrogata è giusta in quanto è utile alla madre poiché mira ad aumentarne la felicità e non va contro ai diritti naturali alla vita, alla libertà, alla sicurezza e alla proprietà individuati da Locke, visto che la donna in tal caso ha la libertà di compiere una scelta senza che venga costretta da terzi anche sulla "proprietà" del figlio.
    
    Analizzando post di opinione contraria, possono essere individuate argomentazioni in disaccordo con quanto detto sopra, ma non sono sostenibili. Non è vero che sia la madre che il bambino perdono il diritto alla sicurezza, poiché tale gravidanza è alla stregua di una gravidanza normale, con gli stessi rischi sia per la madre che per il bambino, quindi di fatto non è più o meno pericolosa di una maternità tradizionale. Dal punto di vista psicologico della donna, l'allontanamento non può essere traumatico più di tanto quanto potrebbe esserlo nel caso in cui il bambino venisse tolto alla madre contro la sua volontà. Se però la donna è decisa già prima dell'inizio della gravidanza a non voler tenere il bambino, è logico supporre che sia preparata psicologicamente ad allontanarsene senza subire uno shock troppo grande. Per quanto riguarda il bambino invece, la sua situazione è analoga a quella di un bambino che viene adottato. Il trauma che potrebbe subire scoprendo di avere un'altra madre è lo stesso che potrebbe subire un bambino adottato scoprendo le sue origini, ma è una cosa con il quale ogni bambino adottato ha imparato a convivere senza farsi condizionare da ciò.
Il caso in cui il bambino nasca con difficoltà di varia natura è una possibilità a cui sia i genitori adottivi che la madre che presta il suo grembo sanno di andare incontro. Si tratta infatti di un'eventualità remota di un qualsiasi parto ed è illogico pensare che una donna qualunque non tema complicazioni simili nella nascita del figlio, senza però farsi limitare da questa possibilità nella scelta di dare alla luce un bambino.
L'affitto dell'utero poi non fa raggiungere la felicità solo alla coppia che ne ha usufruito, ma anche alla donna che ha deciso di sottoporvisi. Il concetto di felicità è infatti soggettivo e personale, tanto che non possiamo sapere né giudicare le vicende che hanno portato sia la donna che la coppia a tale soluzione, visto che ogni storia è diversa dalle altre, i motivi sono i più disparati e non possiamo permetterci di dare un giudizio su qualcosa di cui non conosciamo a fondo le motivazioni. Per concludere, la donna e il bambino non vengono affatto considerati come "macchine" e "merci di scambio" in quanto la donna viene riconosciuta come essere umano e rispettata come tale nel momento in cui le si lascia la libertà di prendere le sue decisioni autonomamente, mentre il bambino verrà sicuramente accolto da una famiglia che lo amerà e proteggerà poiché disposta a tutto pur di averlo.