La
questione della maternità surrogata continua a dividere le opinioni
di tutti gli individui e si sono venute a create due correnti di
pensiero.
C'è chi pensa sia ingiusta e tra questi Adriano Pessina, professore diFilosofia Morale e Bioetica presso l'Università Cattolica di Milano,
il quale afferma che “è
ancora necessario seguire il consiglio di Henri
Bergson:
risvegliare il filosofo che sonnecchia in ognuno di noi e assumerci
in prima persona la responsabilità di contrastare tutte le
silenziose barbarie tecnologiche che riducono l'uomo a un nuovo
prodotto di consumo affettivo”.
Altri,
invece, ritengono che sia giusta e affermano che sia una scelta della
donna che si rende disponibile per una maternità fare ciò che vuole
con il proprio corpo.
Se
si fa riferimento a quello che grandi filosofi del passato hanno
affermato, si può capire come mai la questione dell'utero in affitto
possa essere considerata ingiusta.
Secondo
Locke l'uomo gode, secondo lo stato di natura, di quattro diritti
naturali: diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza e alla
proprietà.
Credo
che con la maternità surrogata da una parte la madre, dall'altra il
bambino, perdano il loro diritto alla sicurezza; la gravidanza della donna è tecnologica e la maternità surrogata “considera il
bambino come un prodotto, oggetto di compravendita, come un ipad o
una macchina. Quella surrogata, non è una gravidanza naturale; ci
sono rischi e complicazioni per la madre e per il bambino. Nella
natura infatti, il contatto madre-figlio viene mantenuto per più
tempo possibile. Quando il bambino nasce conosce una sola cosa: sua
madre. Riconosce la sua voce, il suo odore, il ritmo del suo corpo.
Nella maternità surrogata invece il bambino viene subito strappato
alla madre: fare questo, sostenendo che tra madre e figlio non ci sia
alcun legame, è molto pericoloso per la salute di entrambi.”
La
donna mette in discussione il suo diritto alla sicurezza nel momento
in cui accetta di concedere il suo utero in affitto: è un rischio
dal punto di vista fisico, sia durante la gravidanza sia al momento
del parto, e un rischio dal punto di vista emotivo-psicologico nel
momento in cui le viene tolto il bambino (depressione post
partum).
Il
bambino perde il suo diritto alla sicurezza dal punto di vista
emotivo-psicologico, perché subirà comunque un trauma nel caso di
separazione dalla madre biologica e verrà poi il momento in cui
dovrà affrontare la verità, e dal punto di vista fisico, nel caso
di danni o di alterazioni impreviste e non diagnosticate (quale sarà
il destino di questo neonato?).
A
mio parere viene anche a mancare il diritto alla vita, infatti il
bambino è considerato come un oggetto, un prodotto che viene
comprato ed è una merce di scambio. Ma se questo bambino non dovesse
nascere completamente sano, cosa gli succederebbe? I suoi genitori
sono costretti a tenerlo oppure possono decidere di lasciarlo alla
madre naturale? E se questa non lo volesse, cosa ne sarebbe del
bambino? È già successo e il bambino è stato abbandonato.
Ma
così viene meno il diritto alla libertà: un bambino che prima
avrebbe potuto avere dei genitori e crescere liberamente ora si
trova in un orfanotrofio, in attesa che qualcuno lo voglia adottare.
Ed è perso il diritto alla libertà anche della madre surrogata:
molto spesso la madre è indigente e viene sfruttata da persone
benestanti, perché la maternità surrogata è molto costosa e non
tutti possono permettersela, per soddisfare il loro “bisogno”, e
questo credo che possa significare anche una perdita di dignità per
la donna, che è costretta a vendere il suo corpo per guadagnare,
perdendo anche, di conseguenza, il diritto alla vita, poiché la
donna è trattata al pari di una macchina per produrre bambini.
Successivamente
la madre surrogata perde anche il diritto alla proprietà per due
motivi: il primo sulla base di cioè che afferma Aristotele, il
secondo in base a ciò che afferma Bentham.”
Secondo
Aristotele infatti ingiusto è ciò che è vantaggioso per sé e
corrisponde all'iniquità, e a mio parere è vantaggioso solo per chi
commissiona il bambino, perché è un suo desiderio, mentre la donna,
che invece corre moltissimi rischi nell'affittare il suo utero, perde
la proprietà sul proprio corpo, sottoposto a numerosi rischi e che
non sempre supera il parto.
Bentham
invece afferma che giusto è ciò che punta alla massima felicità e
la massima felicità per una donna è sì avere un figlio, ma poterlo
anche crescere e dire che è il proprio. Questo tramite l'utero in
affitto non è possibile, poiché la felicità non sarebbe mai
completa e la madre surrogata non potrebbe mai affermare che il
figlio sia suo. Inoltre
è anche ingiusto dal punto di vista del bambino: non è certo felice
di essere strappato alla madre che lo ha tenuto in grembo per nove
mesi per il desiderio di qualcuno che, evidentemente, crede che avere
figli sia un diritto.
Riguardo alla maternità surrogata la docente e scrittrice Sonia Caporossi afferma che “Studiare dal punto di vista
filosofico la vexata quaestio
dell'utero in affitto pone inevitabilmente di fronte a un'angusta
scoperta molto simile a quella dell'acqua calda, ovvero che la
questione è mal posta, in quanto si fonda su un presunto diritto ad
avere figli di origine naturale che non esiste da nessuna parte. E
non esiste, beninteso, in termini di storia della filosofia politica
e del diritto, né nel giusnaturalismo classico, né all'interno
della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, dove lo si
cercherebbe invano, essendovi presente invece la menzione della
tutela della "famiglia naturale" (sic) e dell'infanzia in
tutte le sue prerogative sì, ma presupposta anapoditticamente come
già data, senza far menzione di qualsivoglia diritto dei genitori ad
aver prole”, ma diventa un dovere essere genitori
successivamente alla nascita, e ciò non sempre accade.
Dunque,
facendo riferimento a quello che è stato detto, possiamo ritenere
che la maternità surrogata è ingiusta poiché sopprime i diritti
naturali di cui ogni individuo, secondo Locke, deve godere. In primo
luogo quello alla vita, poiché la madre surrogata e il bambino
sarebbero considerati rispettivamente una macchina e un prodotto
quasi di commercio. Direttamente conseguente è la perdita del
diritto alla libertà, che fa sì che la donna perda la sua dignità
in quanto viene sfruttata, e quella del diritto alla proprietà: il
corpo della donna non è più suo e il bambino che è cresciuto
dentro di lei nemmeno. Viene a mancare il diritto alla sicurezza,
poiché questa maternità tecnologica porta a molti rischi e
complicazioni per entrambi i soggetti principali. La maternità
surrogata è stato detto vada anche contro le idee di giusto di
Aristotele e Bentham, poiché è vantaggiosa solo per chi commissiona
e non è sottoposto a rischi e non porta alla massima felicità della
donna e del bambino.
In
conclusione, la maternità surrogata sarebbe ingiusta poiché non
rispetta i diritti fondamentali dell'individuo, ma sfrutta
quest'ultimo per soddisfare un proprio desiderio, da molti concepito
come diritto.
Tuttavia
chi è contrario, propone delle tesi dal suo punto di vista giuste,
ma che non possono essere supportate. In primo luogo viene detto che
la felicità viene raggiunta dalla donna quando questa ottiene il
proprio guadagno, e potrebbe essere anche giusto se Rawls non dicesse
che la giustizia è equità e che quindi la felicità della donna non
sarà mai massima, poiché il compenso è qualcosa di cui la donna ha
necessità per vari motivi ma che è pur sempre qualcosa di
provvisorio, e di conseguenza non sarà mai massimo, mentre i
genitori troveranno una felicità massima dall'avere un figlio.
Ed
è ingiusto dire che la madre surrogata garantisce al figlio il
diritto alla vita liberandosene perché lo considera in eccesso: il
figlio perde questo diritto già quando vine “commissionato”
poiché diverrebbe prodotto di un lavoro e oggetto di vendita.
Non
è giusto nemmeno dire che la madre surrogata corre gli stessi rischi
di una normale gravidanza: il fatto che sia tecnologica implica già
rischi maggiori, come non lo è affermare che per il figlio il
“trauma” della scoperta della sua natura sia uguale a quello del
bambino che viene adottato. Nel secondo caso i genitori molto
probabilmente sono morti oppure sono stati costretti ad abbandonarlo
perché non potevano garantirgli quelli che sono, secondo Locke i
diritti fondamentali di un individuo. Nel primo caso invece il figlio
è stato voluto dai genitori come se fosse un loro diritto averne uno
proprio, commissionato come un bene e dunque prodotto, poi venduto
dalla madre dietro compenso, proprio come un oggetto.
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