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martedì 10 maggio 2016

Maternità surrogata: perché è ingiusta

La questione della maternità surrogata continua a dividere le opinioni di tutti gli individui e si sono venute a create due correnti di pensiero.
C'è chi pensa sia ingiusta e tra questi Adriano Pessina, professore diFilosofia Morale e Bioetica presso l'Università Cattolica di Milano, il quale afferma che “è ancora necessario seguire il consiglio di Henri Bergson: risvegliare il filosofo che sonnecchia in ognuno di noi e assumerci in prima persona la responsabilità di contrastare tutte le silenziose barbarie tecnologiche che riducono l'uomo a un nuovo prodotto di consumo affettivo”.
Altri, invece, ritengono che sia giusta e affermano che sia una scelta della donna che si rende disponibile per una maternità fare ciò che vuole con il proprio corpo.

Se si fa riferimento a quello che grandi filosofi del passato hanno affermato, si può capire come mai la questione dell'utero in affitto possa essere considerata ingiusta.
Secondo Locke l'uomo gode, secondo lo stato di natura, di quattro diritti naturali: diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza e alla proprietà.
Credo che con la maternità surrogata da una parte la madre, dall'altra il bambino, perdano il loro diritto alla sicurezza; la gravidanza della donna è tecnologica e la maternità surrogata “considera il bambino come un prodotto, oggetto di compravendita, come un ipad o una macchina. Quella surrogata, non è una gravidanza naturale; ci sono rischi e complicazioni per la madre e per il bambino. Nella natura infatti, il contatto madre-figlio viene mantenuto per più tempo possibile. Quando il bambino nasce conosce una sola cosa: sua madre. Riconosce la sua voce, il suo odore, il ritmo del suo corpo. Nella maternità surrogata invece il bambino viene subito strappato alla madre: fare questo, sostenendo che tra madre e figlio non ci sia alcun legame, è molto pericoloso per la salute di entrambi.
La donna mette in discussione il suo diritto alla sicurezza nel momento in cui accetta di concedere il suo utero in affitto: è un rischio dal punto di vista fisico, sia durante la gravidanza sia al momento del parto, e un rischio dal punto di vista emotivo-psicologico nel momento in cui le viene tolto il bambino (depressione post partum).
Il bambino perde il suo diritto alla sicurezza dal punto di vista emotivo-psicologico, perché subirà comunque un trauma nel caso di separazione dalla madre biologica e verrà poi il momento in cui dovrà affrontare la verità, e dal punto di vista fisico, nel caso di danni o di alterazioni impreviste e non diagnosticate (quale sarà il destino di questo neonato?).
A mio parere viene anche a mancare il diritto alla vita, infatti il bambino è considerato come un oggetto, un prodotto che viene comprato ed è una merce di scambio. Ma se questo bambino non dovesse nascere completamente sano, cosa gli succederebbe? I suoi genitori sono costretti a tenerlo oppure possono decidere di lasciarlo alla madre naturale? E se questa non lo volesse, cosa ne sarebbe del bambino? È già successo e il bambino è stato abbandonato.
Ma così viene meno il diritto alla libertà: un bambino che prima avrebbe potuto avere dei genitori e crescere liberamente ora si trova in un orfanotrofio, in attesa che qualcuno lo voglia adottare. Ed è perso il diritto alla libertà anche della madre surrogata: molto spesso la madre è indigente e viene sfruttata da persone benestanti, perché la maternità surrogata è molto costosa e non tutti possono permettersela, per soddisfare il loro “bisogno”, e questo credo che possa significare anche una perdita di dignità per la donna, che è costretta a vendere il suo corpo per guadagnare, perdendo anche, di conseguenza, il diritto alla vita, poiché la donna è trattata al pari di una macchina per produrre bambini.
Successivamente la madre surrogata perde anche il diritto alla proprietà per due motivi: il primo sulla base di cioè che afferma Aristotele, il secondo in base a ciò che afferma Bentham.”
Secondo Aristotele infatti ingiusto è ciò che è vantaggioso per sé e corrisponde all'iniquità, e a mio parere è vantaggioso solo per chi commissiona il bambino, perché è un suo desiderio, mentre la donna, che invece corre moltissimi rischi nell'affittare il suo utero, perde la proprietà sul proprio corpo, sottoposto a numerosi rischi e che non sempre supera il parto.
Bentham invece afferma che giusto è ciò che punta alla massima felicità e la massima felicità per una donna è sì avere un figlio, ma poterlo anche crescere e dire che è il proprio. Questo tramite l'utero in affitto non è possibile, poiché la felicità non sarebbe mai completa e la madre surrogata non potrebbe mai affermare che il figlio sia suo. Inoltre è anche ingiusto dal punto di vista del bambino: non è certo felice di essere strappato alla madre che lo ha tenuto in grembo per nove mesi per il desiderio di qualcuno che, evidentemente, crede che avere figli sia un diritto.
Riguardo alla maternità surrogata la docente e scrittrice Sonia Caporossi afferma che “Studiare dal punto di vista filosofico la vexata quaestio dell'utero in affitto pone inevitabilmente di fronte a un'angusta scoperta molto simile a quella dell'acqua calda, ovvero che la questione è mal posta, in quanto si fonda su un presunto diritto ad avere figli di origine naturale che non esiste da nessuna parte. E non esiste, beninteso, in termini di storia della filosofia politica e del diritto, né nel giusnaturalismo classico, né all'interno della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, dove lo si cercherebbe invano, essendovi presente invece la menzione della tutela della "famiglia naturale" (sic) e dell'infanzia in tutte le sue prerogative sì, ma presupposta anapoditticamente come già data, senza far menzione di qualsivoglia diritto dei genitori ad aver prole”, ma diventa un dovere essere genitori successivamente alla nascita, e ciò non sempre accade.

Dunque, facendo riferimento a quello che è stato detto, possiamo ritenere che la maternità surrogata è ingiusta poiché sopprime i diritti naturali di cui ogni individuo, secondo Locke, deve godere. In primo luogo quello alla vita, poiché la madre surrogata e il bambino sarebbero considerati rispettivamente una macchina e un prodotto quasi di commercio. Direttamente conseguente è la perdita del diritto alla libertà, che fa sì che la donna perda la sua dignità in quanto viene sfruttata, e quella del diritto alla proprietà: il corpo della donna non è più suo e il bambino che è cresciuto dentro di lei nemmeno. Viene a mancare il diritto alla sicurezza, poiché questa maternità tecnologica porta a molti rischi e complicazioni per entrambi i soggetti principali. La maternità surrogata è stato detto vada anche contro le idee di giusto di Aristotele e Bentham, poiché è vantaggiosa solo per chi commissiona e non è sottoposto a rischi e non porta alla massima felicità della donna e del bambino.

In conclusione, la maternità surrogata sarebbe ingiusta poiché non rispetta i diritti fondamentali dell'individuo, ma sfrutta quest'ultimo per soddisfare un proprio desiderio, da molti concepito come diritto.


Tuttavia chi è contrario, propone delle tesi dal suo punto di vista giuste, ma che non possono essere supportate. In primo luogo viene detto che la felicità viene raggiunta dalla donna quando questa ottiene il proprio guadagno, e potrebbe essere anche giusto se Rawls non dicesse che la giustizia è equità e che quindi la felicità della donna non sarà mai massima, poiché il compenso è qualcosa di cui la donna ha necessità per vari motivi ma che è pur sempre qualcosa di provvisorio, e di conseguenza non sarà mai massimo, mentre i genitori troveranno una felicità massima dall'avere un figlio.
Ed è ingiusto dire che la madre surrogata garantisce al figlio il diritto alla vita liberandosene perché lo considera in eccesso: il figlio perde questo diritto già quando vine “commissionato” poiché diverrebbe prodotto di un lavoro e oggetto di vendita.

Non è giusto nemmeno dire che la madre surrogata corre gli stessi rischi di una normale gravidanza: il fatto che sia tecnologica implica già rischi maggiori, come non lo è affermare che per il figlio il “trauma” della scoperta della sua natura sia uguale a quello del bambino che viene adottato. Nel secondo caso i genitori molto probabilmente sono morti oppure sono stati costretti ad abbandonarlo perché non potevano garantirgli quelli che sono, secondo Locke i diritti fondamentali di un individuo. Nel primo caso invece il figlio è stato voluto dai genitori come se fosse un loro diritto averne uno proprio, commissionato come un bene e dunque prodotto, poi venduto dalla madre dietro compenso, proprio come un oggetto.

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